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Consiglio europeo, leader riuniti anche oggi. Non è buon segno

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Tira una brutta aria a Bruxelles. Dopo la riunione di venerdì, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha presentato ieri mattina la sua proposta. Un nuovo compromesso che trasferirebbe 50 miliardi dagli aiuti a fondo perduto – fissati a 500 miliardi – ai prestiti, 200 miliardi. In questo modo la cifra del piano resterebbe intatta. L’ammontare dei sussidi per gli Stati in difficoltà scenderebbe così a 450 miliardi, mentre la cifra destinata ai prestiti salirebbe a 250 miliardi.

La proposta di Michel va nella direzione dei Paesi frugali, ovvero quelli che si oppongono al Next Generation EU così come pensato dalla Commissione europea. Non solo per la revisione delle cifre da destinare ai sussidi e ai prestiti, ma anche per il vincolo posto agli Stati che usufruiscono degli aiuti di proporre un piano di riforme che dovrà essere approvato da Commissione e Consiglio europeo a maggioranza qualificata, e non all’unanimità come vorrebbe il premier olandese, Mark Rutte.

Secondo la proposta del presidente del Consiglio europeo, durante l’erogazione dei fondi un singolo Paese potrebbe però attivare un “freno di emergenza”, ovvero uno strumento che bloccherebbe il flusso di denaro per una riesamina del caso. Una proposta vicina al volere dell’Olanda e del blocco del Nord, Austria, Svezia e Danimarca.

Ma i frugali chiedono di più. A poco sono serviti gli incontri fino a notte fonda, seguiti da colazioni di lavoro tra alcuni leader. E non è bastato nemmeno l’aumento dei rimborsi che toccherebbero ad alcuni Paesi del Nord sotto forma di correzioni dei lori contributi al bilancio Ue. Olanda, Austria, Danimarca e Svezia chiedono anche un taglio di 150 miliardi ai sussidi a fondo perduto, oltre alla possibilità di votare all’unanimità i piani nazionali presentati dai singoli Stati-membri che richiedono l’aiuto.

Questo vuol dire che ogni paese potrebbe porre il suo veto e bocciare così l’erogazione degli aiuti, se il piano di riforme presentato non è soddisfacente. All’incontro di ieri il presidente Conte è stato molto duro, contestando proprio il volere di alcuni Stati di approvare all’unanimità i singoli piani di riforme nazionali.

L’impresa si fa ardua. Alcune delle problematiche messe alla porta con la formula del nuovo Mes, rientrano – dunque – dalla finestra nel negoziato per il Recovery Fund. Un nuovo incontro – forse l’ultimo – è stato fissato per oggi a pranzo. Tutto è di nuovo in discussione. Non c’è più alcuna certezza né sulle cifra di 750 miliardi, né sulle modalità di erogazione dei prestiti e degli aiuti.

Il premier Conte ha denunciato la scarsa consapevolezza della gravità della situazione da parte di alcuni Paesi, sottolineando che un rinvio della decisione non gioverebbe a nessuno. Eppure, il blocco del Nord ha alzato un muro e nessuno è disposto a cedere. Riuscirà il progetto europeo a non cadere nella trappola di alcuni dei suoi stessi membri?

 

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Crediti foto: LaPresse