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PUNTI LUCE di Chiara Sani. La mente geniale che creò SHERLOCK HOLMES

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Da pochi giorni si è celebrato l’anniversario della morte di Sir Arthur Ignatius Conan Doyle (nato il 22 maggio 1859, morto il 7 luglio 1930).

A lui il merito di aver creato un personaggio eccezionale scaturito dalla sua immaginazione e le sue storie sono da sempre considerate traguardi assoluti nel campo della narrativa del crimine.

Il cinema lo ha amato così tanto che più di 70 attori hanno interpretato Sherlock Holmes in oltre 200 film!

Sherlock Holmes apparve per la prima volta nel romanzo ‘Uno studio in rosso’ (1887).

L’autore, Doyle, non fornì mai molte indicazioni sul passato del personaggio che aveva creato… era un detective caratterizzato da abilità quali il travestimento e la curiosità per i crimini più contorti e difficili e la soluzione dei casi impossibili.

PER HOLMES IL PROCESSO DEDUTTIVO ERA UNA SCIENZA!

Holmes era un detective appassionato di filosofia e letteratura, estremamente raffinato e intrigato dall’aspetto analitico dei suoi casi da risolvere e dalle menti diaboliche dei suoi ‘sospettati’. Inoltre aveva studiato all’Università ritirandosi prima della laurea, aveva numerosi informatori segreti, conosceva i meccanismi che muovono il crimine londinese, aveva un segugio, non credeva nel paranormale e non è mai stato chiarito se credesse in una qualche religione oppure no.

Il mondo di Sherlock Holmes era un microcosmo di personaggi particolarissimi, che gravitavano intorno a lui…nel bene e nel male.

Parliamo per esempio del mitico WATSON! Lui era l’unico vero amico di Holmes, l’unico a godere della sua fiducia, perché con il resto dell’umanità il detective non aveva alcun rapporto.

Holmes era un personaggio difficile, spesso arrogante, freddo e distaccato, a volte un po’ irritante per quel senso di superiorità con cui spesso godeva nel mostrare agli altri che sapeva tutto e prima di tutti.

Il suo rapporto con le donne non andava proprio alla grande: per lui l’amore era inutile e distoglieva l’attenzione, un’emozione che per lui poteva trasformarsi in debolezza, in contrasto con la freddezza della logica.

L’unica donna nella vita avventurosa di Sherlock Holmes era IRENE ADLER, ma il loro era un rapporto più platonico che amoroso… lei era l’unica donna che non aveva mai cercato di ingannarlo, quindi si trattava di un profondo legame di amicizia e di stima. Niente amore!

Un  altro personaggio dell’universo di Sherlock Holmes era l’ispettore LESTRADE di Scotland Yard, ma con lui non c’era un rapporto di amicizia, bensì di condivisione di una grande passione: quella della soluzione dei rebus, dei casi difficili, della gratifica personale nel raggiungere soluzioni considerate impossibili.

Quello che trovo adorabile e ‘umano’ nell’aspetto di Sherlock Holmes e che lo accomuna all’animo di un artista, è il senso di depressione e ansia quando non c’è nessun caso da risolvere, nessun obiettivo con cui potersi misurare, nessuna battaglia da vincere… questi momenti si alternavano ad altri completamente opposti, in cui la sua vita era scandita da frenesia, iperattività e coraggio quasi folle.

Quando Sherlock Holmes era chiuso in casa ad aspettare che accadesse qualcosa, che lo chiamassero per un delitto su cui indagare, nei primi romanzi e racconti di Doyle il detective più famoso del mondo veniva caratterizzato da un’ abitudine un po’ particolare: faceva uso di cocaina e morfina per stimolare la mente ed essere più reattivo ed ispirato. Questa sua ‘tecnica di concentrazione’ (non proprio salutare) venne in seguito sostituita dall’autore con un abitudine meno trasgressiva: fumava la PIPA, anche se il suo odore nauseava tantissimo il suo fido amico Watson.

L’autore, Doyle, cominciò negli anni a soffrire tantissimo per l’incredibile successo planetario che il suo personaggio aveva ottenuto, a tal punto da essere lui stresso limitato nella possibilità di creare nuovi personaggi e nuovi romanzi… tutti volevano da lui solo ed esclusiavemente Sherlock holmes!

Non fu facile gestire questa gigantesca ‘etichetta’ artistica, tantèche Doyle decise di fare morire Holmes, facendolo precipitare nelle cascate di Reichenbach insieme al suo nemico di sempre, il Professor Moriarty.

Ma i lettori non ne volevano sapere e protestarono: rivolevano Holmes!

Il povero Doyle fu così costretto a scrivere una storia ambientata prima della sua morte (‘Il mastino dei Baskerville’) e poi lo fece resuscitare ne ‘L’avventura della casa vuota’, giustificando la lunga scomparsa di Holmes spiegando che il detective aveva lavorato in segreto per il governo inglese.

A volte l’eccessivo talento e un lampo di genio (Punto Luce) in un autore può generare qualche frustrazione e problemi con l’eccessivo successo… ma Doyle, anche se esasperato dal suo ‘legame forzato’ con il proprio personaggio narrativo, ha lasciato (volente o nolente) un segno indelebile nel mondo dei romanzi e del cinema e verrà ricordato per sempre grazie al mitico detective Sherlock Holmes.

… ELEMENTARE WATSON!

(Piccola chicca: nei romanzi il detective esclamava solo “Elementare!”… nelle trasposizioni cinematografiche la frase invece divenne “Elementare Watson!”)