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A che punto è la Brexit? Negoziati tra Regno Unito e UE in stallo

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Prima che diventasse l’anno della pandemia, il 2020 era l’anno della Brexit. E a proposito di Brexit, dopo l’uscita ufficiale del Regno Unito dall’Unione Europea del 31 gennaio 2020, a che punto sarà il processo di definizione dell’accordo? Iniziamo col dire che la diffusione del Coronavirus non ha aiutato le – già difficili – trattative tra le parti.

Il terzo round di negoziati si è concluso venerdì. Ma senza grandi risultati. Le dissonanze tra il Regno Unito e l’Unione Europea continuano, infatti, ad ostacolare la progressione dell’accordo. Oltre che su punti chiave come la pesca, le due parte non trovano un accordo sul definire la parità di condizioni (level playing field). Un termine commerciale che indica una situazione in cui sia il Regno Unito che l’Unione Europea offrono le stesse condizioni di investimento. Con la parità delle condizioni, si intende – dunque – delineare un mercato dove la competizione sia giusta.

“Senza la libera circolazione delle persone non ci può essere circolazione di capitali, beni e servizi. Senza una condizione di parità su ambiente, lavoro, tassazione e aiuti di Stato [il Regno Unito] non potrà avere la più alta qualità di accesso al più grande mercato unico”. Erano queste le parole della presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen in un discorso sul futuro della partnership tra Regno Unito e UE tenuto alla London School of Economics lo scorso 8 gennaio. La presidente aveva chiarito che il rapporto tra le due parti non avrebbe potuto essere lo stesso in quanto “ogni decisione comporta delle conseguenze”.

Il lato britannico

A conclusione del terzo ciclo di negoziati, però, le due parti si dicono insoddisfatte. Il capo della delegazione britannica David Frost ha affermato che l’UE insiste su “proposte sbilanciate” e che il Regno Unito non concorderà delle regole “che potrebbero vincolare la nazione alle leggi europee”. È difficile capire perché l’UE insista su un approccio ideologico che rende più difficile arrivare ad un accordo conveniente per entrambi” ha continuato Frost.

Il lato europeo

Dall’altro lato, Michel Barnier a capo della delegazione europea che tratta con il Regno Unito sottolinea che l’UE non è disposta a scendere a patti “a beneficio dell’economia britannica”. Come sottolineato da Barnier, il libero accesso al mercato unico comporta degli obblighi, e il Regno Unito non può scegliere quali rispettare e quali no. Il Regno Unito “non può avere il meglio dei due mondi” ha continuato. Un’espressione traducibile con l’avere la botte piena e la moglie ubriaca, insomma.

Scenari futuri

Se il Regno Unito non chiederà una proroga del periodo di transizione oltre il 31 dicembre 2020, lo spettro del “no deal”, ovvero di un’uscita senza accordo tornerà ad aleggiare sulla Brexit. Ma la scadenza per richiedere un’estensione è vicina, ed è il 30 giugno 2020. Senza la definizione di un accordo tra le parti, il commercio tra il Regno Unito e l’UE sarebbe regolato dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization – WTO) l’entità che regola i rapporti commerciali dei 164 membri che rappresentano il 98% del commercio mondiale. Ma il Regno Unito sembra tutt’altro che incline ad allungare i tempi nonostante la pandemia. Appuntamento – dunque – al prossimo giro di negoziati che inizierà il 1° giugno.