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SPAZIO MENTE. I risvolti psicologici ai tempi del Coronavirus

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Michal Cimala - CORONAVIRUS

di Alessandra Bisanti

L’emergenza sanitaria creata dalla diffusione del Coronavirus (Covid-19) ha colto di sorpresa l’intera popolazione italiana, costringendola a fare i conti con il senso di impotenza  e smarrimento esistenziale che solo i fenomeni e le calamità naturali riescono a trasmettere all’animo umano.

Il pensiero che scienza e tecnologia, in prima battuta, niente abbiano potuto rispetto all’insinuarsi  del virus  nella nostra popolazione  ha scatenato sentimenti di panico, ansia e psicosi e un moto di ribellione interiore nei riguardi dell’isolamento  forzato, prima fortemente consigliato  e poi imposto dalle figure istituzionali.

L’essere umano, di fronte ad una situazione di contingenza di così vasta portata,  è stato indotto ad interrogarsi sulla complessa e storica relazione uomo-natura, dovendo a malincuore ammettere  i suoi limiti rispetto all’entità del fenomeno.

Il panico da contagio e il conseguente abbassamento del tono dell’umore dovuto all’autoisolamento per contenere la diffusione della pandemia ha portato all’acuirsi dei sintomi in individui che già presentano una sofferenza psichica, quale disturbo d’ansia,  disturbo ossessivo compulsivo, disturbo evitante di personalità, disturbo paranoide, etc.. inducendoli a chiedere maggiori supporti e consulenze psicologiche per poter fronteggiare tale situazione di sofferenza.

Lo stato di allarme protratto e la preoccupazione generalizzata creata dalla pandemia comportano un forte stress fisico ed emotivo, che favorisce l’innalzamento dei livelli di cortisolo, noto per essere l’ormone dello stress.

Che situazioni di stress molto intenso o  anche modesto, che duri settimane o mesi, possano danneggiare l’organismo, causando un abbassamento del sistema  immunitario, è una realtà nota e affermata da numerosi studi scientifici che hanno affrontato l’argomento.

Il ruolo dello psicologo in questo delicato momento storico  è quello di contenimento dello stato emotivo e del travaglio interiore dell’individuo che si sente abbandonato a se stesso e di supporto attraverso informazioni accreditate da note  fonti informative e  scientifiche che riguardano numerosi campi di competenze, quali studi epidemiologici, biologici, storici, scientifici e psico-evoluzionistici.

Difatti, la condizione di isolamento  che stiamo attraversando e la conseguente attivazione fisiologica, dovuta alla spiacevole circostanza, richiamano alla mente la nota risposta ancestrale, conosciuta come  reazione da stress acuto o “fight or flight”, descritta da Walter Cannon nel 1920.

Tale reazione è la primitiva risposta che l’uomo o l’animale adotta per fronteggiare una minaccia fisica. Davanti  alla possibilità di un danno o un attacco alla nostra sopravvivenza, il nostro corpo si attiva in automatico, in modo quasi innato.

Ricordando l’intuizione geniale del grande fisiologo Harver Walter Cannon, che capì  che la risposta alle minacce viene memorizzata profondamente nel nostro cervello, verrebbe da chiedersi per quanto tempo ancora lo stato di questo procurato allarme resterà impresso nelle nostre tracce mnesiche e quante volte ancora, allo scatenarsi di una banale influenza, ci sarà la risposta di attivazione fisiologica da parte del nostro organismo.

Alessandra Bisanti, Psicologa, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale

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