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Con il Coronavirus non si scherza: dal carcere a multe salatissime, ecco cosa rischia chi non rispetta le regole
La pena minima prevista per chi non rispetta le misure preventive anti Covid-19 stabilite dal nuovo DPCM del 9 marzo 2020 è pari a 21 anni di reclusione. Pene durissime anche per chi falsifica l’autocertificazione per effettuare spostamenti non consentiti, che può essere arrestato in flagranza di reato e finire in carcere fino a 6 anni.
Il nuovo decreto firmato dal premier Conte per arginare la diffusione del Coronavirus prevede rigide restrizioni negli spostamenti, consentiti solo se giustificati da comprovati motivi di lavoro, di salute e di primaria neccessità, e impone a chi ha sintomi della malattia come febbre sopra i 37,5 gradi, tosse e malessere l’isolamento in casa. Ma cosa potrebbe succedere a chi non ottempera a questi obblighi? Vediamo pene e sanzioni previste.
Chi dichiara il falso nell’autocertificazione
Dichiarare il falso nell’autocertificazione necessaria per spostarsi è reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale: la pena va da uno a sei anni di reclusione. È previsto l’arresto facoltativo in flagranza e la procedibilità è d’ufficio. A questo reato si aggiunge anche la fattispecie di cui all’articolo 650 del Codice penale che punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro chi viola i provvedimenti che vietano di spostarsi senza motivo.
Chi sospetta di avere il Coronavirus e non si mette in quarantena
Chi ha febbre, tosse e altri sintomi associati al Covid-19 e non si mette in quarantena rischia, oltre all’imputazione per violazione dei provvedimenti dell’autorità, un processo per lesioni o tentate lesioni volontarie. Se dovesse infettare persone anziane o comunque soggetti a rischio causandone la morte, l’imputazione potrebbe trasformarsi in omicidio doloso pena la reclusione non inferiore a 21 anni. Infatti in questo modo si accetta il rischio di contagiare altre persone, causandone lesioni o, nei casi più gravi, la morte. La condotta è punita a titolo di dolo eventuale. La stessa pena si applica a chi ha avuto contatti con persone positive al Coronavirus e continua ad avere rapporti sociali o a lavorare con altre persone senza prendere precauzioni o avvisarle. Non avvertire amici e conoscenti con i quali si hanno avuto contatti negli ultimi giorni, causando il rischio concreto che contagino altre persone, potrebbe costare la stessa imputazione a titolo di dolo eventuale o quantomeno di colpa cosciente.
Chi è positivo e non lo dice a nessuno
Chi sa di aver contratto il Coronavirus e non lo dice a nessuno, uscendo di casa e avendo contatti sociali, si macchia di dolo diretto e rischia imputazioni, oltre a quella di violazione dell’ordine dell’autorità, ancora più gravi di quelle di cui sopra, che vanno dal tentativo di lesioni e/o di omicidio volontario se si viene a contatto con soggetti fragili o a rischio fino all’omicidio volontario se ne deriva la morte. A queste ipotesi si applicano gli stessi principi dei casi delle persone sieropositive che sanno di esserlo e non avvisano il partner né adottano precauzioni per evitare il contagio.
E chi sta bene?
In tutta Italia il decreto chiede a malati e non malati di stare a casa il più possibile. E’ una raccomandazione, che come tale non prevede specifiche sanzioni alle violazioni. Tuttavia anche chi sta bene dovrebbe evitare ogni spostamento: ci si potrà muovere solo per lavoro, per necessità gravi o per motivi di salute. Ma anche gli spostamenti per lavoro sono in qualche modo scoraggiati dal provvedimento. Intanto perché, come per le situazioni di necessità o i motivi di salute, devono essere “motivati da comprovate esigenze”, come recita il decreto, da attestare con auto dichiarazione in moduli forniti dalle forze di polizia che fanno i controlli. E poi perché il decreto raccomanda ai datori di lavoro, in aggiunta all’estensione dello smart working, di concedere ai propri dipendenti ferie e congedi (tranne che nella sanità). Le violazioni a queste regole non sono sanzionate in maniera specifica, ma con il generico richiamo – confermato dalla direttiva del Viminale per chi deve stare in quarantena – all’articolo 650 del codice penale.
Crediti foto: LaPresse