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Cinema

Recensione di Anora (2024), regia di Sean Baker

Il film, Palma d’Oro al Festival di Cannes 2024 e cinque premi Oscar, segue le vicende di una giovane spogliarellista di origini russe che lavora in un club di Manhattan e che incontra il figlio viziato di un oligarca russo

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Recensione di Anora (2024), regia di Sean Baker
Crediti Foto @CinemaUpper X

Anora, film diretto da Sean Baker, è un film che si muove con disinvoltura tra commedia sfrenata, dramma umano e una riflessione amara sul sogno americano, vincendo la Palma d’Oro al Festival di Cannes 2024 e cinque premi Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Attrice Protagonista per Mikey Madison. Ambientato nei sobborghi di New York, il film segue le vicende di Anora, detta Ani (Mikey Madison), una giovane spogliarellista di origini russe che lavora in un club di Manhattan. La sua vita prende una piega inaspettata quando incontra Ivan, o Vanya (Mark Eydelshteyn), il figlio viziato di un oligarca russo, che le propone di fingersi la sua fidanzata per una settimana in cambio di denaro. Tra lusso sfrenato, eccessi a Las Vegas e un matrimonio impulsivo, Ani intravede una via d’uscita dalla sua quotidianità fatta di stenti. Ma il sogno si infrange quando i genitori di Vanya, decisi ad annullare l’unione, mandano i loro scagnozzi a sistemare la faccenda.

Anora: un viaggio in tre atti

Sean Baker, maestro nel raccontare le vite ai margini con uno sguardo empatico e privo di moralismi, costruisce Anora come un viaggio in tre atti: una prima parte che sembra una rivisitazione moderna e irriverente di Pretty Woman, una seconda che vira verso una commedia degli equivoci dal ritmo indiavolato, e un finale che si svela in un’intima, dolorosa esplorazione della vulnerabilità umana. La regia è vivace, con una fotografia in 35mm che cattura l’energia caotica di New York, dai neon dei club di striptease alle strade gelide di Brighton Beach. Il montaggio, premiato agli Oscar, tiene lo spettatore incollato a una narrazione che non concede pause, alternando momenti di ilarità a improvvise pugnalate emotive.

Personaggi di Anora

Mikey Madison è il cuore pulsante del film: la sua Anora è un mix di forza, ingenuità e disperazione, una performance che regge il peso di una protagonista sfaccettata, mai ridotta a stereotipo. Mark Eydelshteyn porta in scena un Vanya tanto odioso quanto tragicamente infantile, mentre Yuriy Borisov, nel ruolo dello scagnozzo Igor, offre un’interpretazione magnetica che culmina in un finale struggente. È proprio quest’ultima scena, silenziosa e carica di emozione, a lasciare il segno: un abbraccio che dice più di mille parole, un momento di connessione umana in un mondo che sembra negarla.

139 minuti di durata

Eppure, Anora non è privo di difetti. La durata di 139 minuti si fa sentire in alcuni passaggi della parte centrale, dove il ritmo forsennato rischia di diluire l’approfondimento psicologico. Inoltre, il tema del sex work, centrale nella poetica di Baker, rimane qui più suggerito che esplorato a fondo, lasciando spazio a interpretazioni contrastanti: c’è chi vi vede un’ode alla resilienza delle lavoratrici del sesso e chi un ritratto ambiguo, quasi voyeuristico.

Anora è un’opera che sa divertire, commuovere e fare riflettere

In definitiva, Anora è un film che colpisce per la sua energia, la sua sincerità e la capacità di trasformare una storia apparentemente leggera in un ritratto complesso della lotta per la dignità in un’America disillusa. Non sarà il capolavoro definitivo di Baker – The Florida Project resta forse un gradino sopra – ma è un’opera che sa divertire, commuovere e far riflettere.

Una favola nera che non offre lieto fine, ma un barlume di umanità che brilla nel buio.

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