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Fallout: l’unione fra videogiochi e serie tv è diventata perfetta
Fallout dimostra come il rapporto fra videogame e cinema/serie tv sia giunto all’apoteosi, un’apoteosi giunta dopo 40 anni di tentativi non sempre felici sia dal punto di vista del successo commerciale e dell’apprezzamento della critica. Il problema adesso è: si può fare di più e meglio?
Il grande successo della serie Amazon Fallout dimostra come l’unione fra videogiochi e cinema/serie tv sia ormai consolidata, sia in termini qualità delle trasposizioni sia nel seccusso di pubblico. Un risultato storico, soprattutto guardando alle origini del connubio e all’evoluzione non sempre facile (e di successo commerciale) del rapporto. Andiamo dunque a stilare una breve storia del rapporto videogiochi-cinema per poi tornare a Fallout.
Le origini: Super Mario Bros
All’origine di tutto in Occidente ci fu il Super Mario Bros. di Rocky Morton e Annabel Jankel, film uscito nel lontano 1983 e liberamente ispirato all’omonimo videogioco Nintendo. Il film fu pionieristico, e proprio per questo si rivelò un insuccesso di critica e un parziale fallimento commerciale. Il problema di Super Mario Bros si potrebbe riassumere così: non era simile né al videogioco né era un film canonico in senso stretto, ma riprendeva l’estetica del gioco per innestarci sopra una storia dai tratti drammatici e cyberpunk estranei al prodotto Nintendo. Un prodotto quindi concepito per un target “serio ed adulto” con però immerso in un’estetica fortemente “infantile” e quindi irritante per il pubblico di riferimento.
Il giocattolo fracassone: Double Dragon, Mortal Kombat e Street Fighters Sfida Finale
Visto il fiasco di Super Mario Bros, il cinema sceglie di abbandonare ogni pretesa “adulta” nel suo trasporre i videogiochi e tenta la via del giocattolo fracassone adatto a bambini ed adolescenti. Ecco quindi uscire in rapida successione Double Dragon e Street Fighters nel 1994, e Mortal Combat nel 1995. Trasposizioni di celebri picchiaduro, questi 3 titoli sono uniti da un’azione ignorante e fracassona volutamente irrealistica, una trama talmente esile da essere inesistente e nel scegliere il registro del demenziale nei dialoghi e nelle battute al di fuori dei combattimenti. Se Street Fighters e Double Dragon furono un insucesso di pubblico e critica, Mortal Kombat non convinse la critica ma stravinse col pubblico, tanto da generare due sequel di qualità scadente. Fu proprio il successo di Mortal Kombat a dimostrare che il connubbio fra cinema e videogiochi poteva funzionare, e ad aprire la strada ai successivi sviluppi.
Lara Croft: Tomb Rider e Prince of Persia
Abbandoniamo la stretta successione cronologica e vediamo dunque solamente i titoli che più hanno inciso nella storia. Lara Croft: Tomb Rider (2001) e Prince of Persia (2010) sono due svolte: budget importante, attori di primo piano, registi di comprovata capacità tecnica e appeal commerciale vengono mobilitati per creare film con l’ambizione di essere successi commercial importanti, e l’operazione riesce. Rispetto alle trasposizioni precedenti le trame si fanno più “adulte” (adatte ad un target di tardo adolescenti e giovani adulti), l’azione si fa maggiormente realistica, si pensiona il demenziale per lasciar spazio all’ironico. Il pubblico applaude, la critica non esulta ma nemmeno demolisce questo tentativo di “adultizzazione” dei film tratti dai videogiochi. Sulla stessa scia si colloca la serie di film Resident Evil.
La svolta che non ti aspetti: Warcraft l’inizio (2016)
Duncan Jones (figlio del celebre cantante David Bowie) tenta il passo successivo: riprendendo l’universo fantasy del celebre gioco di strategia Warcraft: Orcs and Humans (1994), concepisce un film fantasy per adulti. La materia narrativa tratta dal videogame è rispettata e riprodotta senza il distacco ironico delle opere precedenti, dando origine ad un film “serio”. Questo approccio adulto genera incassi straordinari ma fa storcese il naso alla critica, non abituata a trattare in maniera “seria” il materiale estetico e narrativo proveniente dal mondo dei gamers.
L’apoteosi: Last of Us e Fallout
Nonostante gli ormai ottimi risultati conseguiti al cinema, il mondo delle serie tv rimaneva impermeabile a quello dei videogiochi. A rompere il ghiaccio ci pensa la serie Last Of US: un capolavoro in termini di qualità e successo di pubblico inaspettato, che ha aperto le porte a Fallout. Veniamo dunque a Fallout. Cos’ha di particolare? La sua peculiarità è l’essere il perfetto punto d’arrivo del percorso che abbiamo brevemente tracciato: rispetta in maniera filologica il materiale di partenza del videogame e lo tratta in maniera adulta, marcandone i tratti di satira sociale-politica abbondantemente presenti nel gioco e poco digeribili da bambini ed adolescenti. Al contrario di Last of US e Warcraft però la prospettiva ad adulta non elimina il fracassone, il demenziale e l’azione irrealistica, ma li utilizza per rimarcare come la distopia rappresentata nella serie non sia un tentativo di rappresentare un mondo leggermente diverso dal nostro per criticare la nostra realtà politico-sociale con più libertà, ma sia un altro mondo, con proprie regole, estetiche e fedi non riconducibili alle nostre di occidentali del 2024. Una concezione del genere è estremamente complessa e difficile da gestire, ma il duo Jonhatan Nolan e Lisa Joy ci riescono splendidamente, creando un piccolo capolavoro che sancisce la perfetta fusione fra il media serie tv e quello videogioco.
La grande incognita del futuro: è possibile fare più di così? Il cinema divorerà i videogiochi?
Giunti a questo punto, Fallout pone un grosso problema: si può fare più o meglio di così? Difficile a dirsi. A 40 anni dal primo tentativo di collaborazione, solo ora il mondo delle serie tv e del cinema sembrano padroneggiare con grande abilità quello dei videogiochi, ma lo fanno sempre con una certa dose di difficoltà: basta una sbavatura estetica o un personaggio non perfettamente a fuoco (ad esempio il Maximus di Fallout) che la sospensione della credulità dello spettatore si interrompe, portando il videogiocatore a pensare “ma nel gioco è meglio” e lo spettatore non appassionato di videogame “questa è roba da videogioco” (con tono dispregiativo). Nolan ha dimostrato che una conoscenza approfondita del gioco e il rispetto filologico della sua trama sono ormai prerequisiti fondamentali per chiunque voglia cimentarsi nella trasposizione videogame-film/serie tv, ma nonostante questo i fan hardcore del gioco si lamentano di incongruenze e dei tagli draconiani di aspetti centrali del gioco, ma soprattuto temono che film/serie tv così strettamente legati al videogame finiscano per influenzare i videogiochi futuri, che diverranno parte di universi condivisi su più media com’è accaduto ai fumetti dopo il successo degli universi cinematografici di Marvel e DC, che hanno praticamente divorato e riplasmato i fumetti da cui sono tratti.
Un pericolo che al momento non sembra porsi nel caso dei videogiochi, ma non è da escludere per il prossimo futuro.