Entrano in vigore oggi 1 marzo le nuove regole contenute nella riforma Cartabia, dal nome della ministra della Giustizia sotto il governo Draghi, che permetteranno di velocizzare e semplificare le procedure processuali per separazione e divorzio. Ecco le novità della riforma.
Innanzitutto i tempi si stringono in modo significativo. La legge prevede che entro 3 giorni dal deposito del ricorso venga fissata l’udienza, che non sarà oltre 90 giorni, con uno scambio di memorie fra una parte e l’altra. Il giudice, inoltre, potrà prendere provvedimenti relativi ai minori, qualora valuti che ci siano situazioni di pericolo.
Con le norme che entreranno in vigore, sarà possibile fare in contemporanea domanda di separazione e divorzio, con un’ulteriore concentrazione di tempi rispetto ai 2-3 anni che occorrono attualmente per giungere a una pronuncia di divorzio, in caso di giudiziale.
La causa non dovrà più avere due fasi, presidenziale e istruttoria. Per sancire il divorzio occorrerà comunque il passaggio in giudicato della sentenza parziale di separazione e la cessazione ininterrotta della convivenza tra i coniugi. Lo status di divorziato, che con la riforma potrà essere ottenuto in tempi molto più rapidi, incide in diverse questioni, come la possibilità di risposarsi con rito civile e l’uscita del coniuge dallo status di erede legittimario. In udienza, i figli saranno sempre ascoltati.
Altra novità prevista dalla riforma è che, tra i documenti utili per presentare l’istanza, sarà richiesto anche un piano genitoriale. Le parti che si separano devono presentare prova di come intendono seguire i figli, in particolare in quali attività quotidiane che impegnano i minori, sia scolastiche che sportive; dovranno stabilire inoltre uno schema per gli incontri, così da consentire al giudice di decidere al meglio sull’affidamento e diritto di visita.
Con le nuove regole, il giudice potrà sanzionare la persona che accetta il piano genitoriale proposto, ma poi non si impegna a rispettarlo nei tempi e nelle modalità. Inoltre, è previsto un risarcimento nel caso in cui una delle due parti dovesse omettere al giudice le proprie reali condizioni economiche, al fine di pagare un contributo di mantenimento inferiore.